Il Sole 24 Ore – Daniela Bertazzoni e il Grand Hotel et de Milan, L’amore per gli alberghi è il destino di famiglia.
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Daniela Bertazzoni e il Grand Hotel et de Milan, È l’unica a Milano a gestire in proprio un hotel di lusso, insieme alle figlie.
Ha fatto di tutto per sfuggire al suo destino. Non c’è riuscita. Ma non sembra troppo dispiaciuta. Anzi. Daniela Bertazzoni nasce durante la guerra in una camera dell’albergo dei nonni, a Salsomaggiore, da una vera dinastia di albergatori. Ma di lavorare con il padre Manlio, che tra tante diverse strutture alla fine degli anni Sessanta aveva assunto anche la gestione del Grand Hotel et de Milan, non ci pensava proprio. Fece la crocerossina all’Istituto dei tumori di Milano, poi se ne andò in Perù dove aprì una boutique di successo. Tornata in Italia lavorò nella pubblicità, dove conobbe un grande fotografo di moda, Rocco Mancino, da cui ebbe tra figlie (Alissia e le gemelle Olivia e Sara, due di loro già lavorano in albergo, la terza è una ballerina). Con la nascita della prima figlia cercò un lavoro part time e … lo trovò solo dal padre, al Milan, come lo chiamano in famiglia.
Oggi questo albergo è diventato la sua casa, ed è l’unico 5 stelle a Milano rimasto a gestione familiare. Cosa significa far funzionare un grande albergo da soli? “Significa avere coraggio e molta forza di volontà – risponde Daniela Bertazzoni – ma anche un grande amore. Non far parte di una catena è un grosso problema: se perdi in una città non puoi compensare con un’altra, avere un brand conosciuto in tutto il mondo o poter fare gli acquisti in comune è un enorme vantaggio. Ma nessuna catena ha l’amore che ho io per questo albergo. Certo – aggiunge – la crisi recente ha reso la vita più difficile per tutti, ha costretto a ridurre i prezzi, almeno in alcuni periodi dell’anno, ma ha anche messo in luce certe qualità umane. L’anno scorso il calo dei ricavi è stato per noi intorno al 20-25 %, come tutti gli alberghi di lusso a Milano (alcuni sono arrivati a perdere anche il 30%). Noi abbiamo azzerato i nostri emolumenti, e il direttore amministrativo si è autoridotto lo stipendio! Penso che Milano sia in ginocchio, la moda si è ridotta a pochi giorni, l’aeroporto non funziona: eppure continuano ad aprire nuovi alberghi a 4 o 5 stelle in centro. Non so chi li riempirà.”
Il “Milan” per la moda è stato un grande trampolino di lancio: dagli anni ’70 il grande albergo di Via Manzoni, a due passi dalla Scala e da Via Montenapoleone, divenne il centro nevralgico della settimana della moda, le suite erano affittate come show room, anche il vecchio ascensore Stigler, fermo al piano terreno perché non funzionava più (ora è stato riattivato), era usato per esporre gli accessori. Ferrè fece la sua prima sfilata nei saloni di questo hotel, e come lui tanti altri stilisti debuttanti. Fino a quando, la Fiera di Milano, che organizzava “Milano vende moda”, minacciò di fare causa (non si potevano affittare le stanze per esposizioni) e Daniela rinunciò a proseguire. Non solo, chiuse il Milan per ristrutturarlo.
“L’albergo era in condizioni terribili, dividemmo la spesa a metà con i proprietari dell’immobile e per la prima volta fui costretta a indebitarmi (metà della ristrutturazione ce la siamo pagata con la moda)”. Venne fatto un lavoro filologico di recupero e ripristino delle architetture e degli arredi originali. Il risultato fu ottimo.
E così arrivò il bis. Daniela Bertazzoni, donna piena di energia e con grande spirito imprenditoriale (il dna di famiglia non si era proprio cancellato) decise di fare un altro passo e realizzare uno dei suoi sogni: un albergo tutto suo, immobile copreso. Trovato il posto, in Via San Raffaele, nel centro di Milano, e l’architetto, Vincenzo De Cotiis, che è anche stilista per il marchio Haute, (“difficilissimo da gestire, bisognava lasciarlo volare per conto suo”) è nato lo Straf (crasi di San Raffaele), un hotel di design, diversissimo dal Milan. “Quando sono andata dal superdirettore della banca per farmi dare un finanziamento stavo per mettermi i pantaloni, mi sembrava più efficace. Poi mi sono detta: no. E mi sono vestita in gonna. Mi ha chiesto quali erano le garanzie: gli ho risposto “Sono io”. È andato tutto bene” racconta Daniela Bertazzoni.
A gestire lo Straf è andata la figlia Sara. La maggiore, Alissia, lavora al Milan. Ora a Daniela resta un altro sogno da realizzare: riaprire il vecchio albergo dei nonni a Salsomaggiore, chiuso da più di vent’anni. Ci riuscirà, la sua passione per questo lavoro è vincente.
Cristina Jucker